IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                  per il Lazio (Sezione Prima Ter) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale n. 734 del  2014,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da: 
        Comune  di  Lecce,  in  persona  del  Sindaco  pro   tempore,
rappresentato e difeso dall'Avv. Gianluigi Pellegrino, con  domicilio
eletto presso il suo studio in Roma, corso Rinascimento n. 11; 
    Contro: 
    il Ministero dell'interno ed il Ministero dell'economia  e  delle
finanze, in persona dei rispettivi Ministri pro  tempore,  costituiti
in giudizio, rappresentati e difesi  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliati per legge presso i suoi uffici in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12; 
    la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  in  persona   del
Presidente del Consiglio pro tempore; 
    la Conferenza Stato-Citta' e Autonomie  locali,  in  persona  del
legale rappresentante pro tempore; 
    Nei confronti di: 
    il  Comune  di  Andria,  in  persona  del  Sindaco  pro  tempore,
costituito in giudizio, rappresentato e difeso dagli Avv.ti  Giuseppe
De Candia e Raffaella Travi, con domicilio eletto  presso  lo  studio
dell'Avv. Enzo Augusto in Roma, viale G. Mazzini n. 73; 
    il Comune di Pesaro ed  il  Comune  di  Cesena,  in  persona  dei
rispettivi Sindaci pro tempore, nonche', a  seguito  di  integrazione
del contraddittorio per pubblici proclami,  tutti  gli  altri  Comuni
italiani, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore,  intimati  e
non costituiti in giudizio; 
    Per l'annullamento: 
        ricorso introduttivo: 
          nei limiti di interesse del Comune di  Lecce,  del  decreto
ministeriale  24  settembre  2013,  con   il   quale   il   Ministero
dell'interno  ha  effettuato  tra  i  diversi  Comuni   italiani   la
ripartizione delle riduzioni dei trasferimenti statali,  determinando
per il Comune di Lecce una riduzione pari ad € 5.623.627,24; 
        ricorso per motivi aggiunti: 
          nei limiti di interesse del Comune di  Lecce,  del  decreto
del  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  13   novembre   2013,
pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  n.  16  del  21  gennaio  2014,
recante «fondo di solidarieta' comunale in  attuazione  dell'articolo
1, comma 380, della legge 24 dicembre 2012 n. 228»; 
        di ogni atto presupposto, connesso e/o consequenziale. 
    Visti il  ricorso  introduttivo  ed  i  motivi  aggiunti,  con  i
relativi allegati; 
    Viste le memorie difensive; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  dei   Ministeri
dell'interno e dell'Economia e delle Finanze, nonche' del  Comune  di
Andria; 
    Relatore, nell'udienza pubblica del giorno  10  luglio  2014,  il
Cons.  Rita  Tricarico  e  uditi  per  le  parti  i  difensori   come
specificato nel verbale; 
 
                                Fatto 
 
    Il decreto-legge n. 95/2012, convertito,  con  modificazioni,  in
legge n. 135/2012, recante «Disposizioni  urgenti  per  la  revisione
della spesa  pubblica  con.  invarianza  dei  servizi  ai  cittadini,
nonche'  misure  di  rafforzamento  patrimoniale  delle  imprese  del
settore bancario», all'art.  16  (rubricato  «Riduzione  della  spesa
degli Enti Territoriali»), comma 6, dispone: 
    «Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi
dell'articolo 2 del decreto legislativo 14  marzo  2011,  n.  23,  il
fondo perequativo, come determinato ai  sensi  dell'articolo  13  del
medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011 ... sono ridotti  ...  di
2.250 milioni di euro per l'anno 2013... 
    ... Le riduzioni  da  applicare  a  ciascun  comune  a  decorrere
dall'anno  2013  sono  determinate,  con  decreto   di   natura   non
regolamentare del Ministro dell'interno, in  proporzione  alla  media
delle spese sostenute per consumi intermedi nel  triennio  2010-2012,
desunte dal SIOPE...». 
    In applicazione del citato art. 16 del decreto-legge  n.  95/2012
e' stato emanato il D.M. 24 settembre 2013 (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 268 del 15 novembre 2013),  con  il  quale  il  Ministro
dell'interno  ha  determinato  che  «le  ...  riduzioni   del   fondo
sperimentale di riequilibrio...e dei trasferimenti sono  ripartite  a
carico  di  ciascun  comune  nella  misura  indicata  nell'elenco   A
allegato...,  calcolata  in  proporzione  alla  media   delle   spese
sostenute  per  consumi  intermedi  nel   triennio   2010-2012».   In
particolare, il taglio complessivo determinato a carico del Comune di
Lecce e' stato di € 5.623.627,24. 
    Avverso il richiamato decreto, nei limiti del proprio  interesse,
detto Comune ha proposto il presente ricorso,  deducendo  i  seguenti
motivi di censura: 
I)  Illegittimita',  per   incostituzionalita'   dell'art.   16   del
decreto-legge  n.  95/2012,  per  violazione  dell'art.   119   Cost.
Violazione del principio di leale collaborazione. 
    Il citato art.  119  Cost.,  in  coerenza  con  il  principio  di
autonomia degli Enti locali, al  primo  comma,  riconosce  ai  Comuni
assoluta autonomia di spesa, prevedendo  altresi',  al  terzo  comma,
l'istituzione  di  «un  fondo  perequativo  statale  in  favore   dei
territori   con   minore   capacita'   fiscale   senza   vincoli   di
destinazione». 
    In proposito la Corte costituzionale ha sancito che lo Stato puo'
erogare solo  fondi  senza  vincoli  specifici  di  destinazione,  in
particolare tramite il fondo perequativo di cui all'art.  119,  comma
3, Cost. (Corte cost. 23 dicembre 2003, n. 370). 
    Conseguentemente,  per  essere  costituzionalmente   compatibile,
anche la distribuzione del taglio disposto dalla norma  per  il  2013
avrebbe dovuto rispondere ai medesimi criteri e quindi essere  basato
sulla capacita' fiscale per abitante o,  piu'  semplicemente,  essere
proporzionale alla quota di risorse trasferite ai singoli  comuni  e,
non gia', come al contrario e'  stato  fatto,  essere  ancorata  alla
spesa sostenuta solo per determinati servizi o beni. 
    In tal modo l'autonomia di spesa, garantita ai  Comuni  dall'art.
119 Cost., ne sarebbe invece violata, atteso che gli stessi sarebbero
stati sanzionati o premiati nel taglio, in base alla  propria  scelta
di spesa e, percio', in base alla propria  decisione  di  spendere  o
meno per determinati servizi o acquisti. 
    I tassativi principi di cui  all'art.  119  in  esame  imponevano
quindi che la distribuzione del taglio ai fondi trasferiti  avvenisse
senza alcun tipo di rapporto con le autonome scelte di spesa  operate
dal Comune  e  comunque  in  funzione  della  capacita'  fiscale  dei
rispettivi abitanti. 
    Ulteriore, sia pur subordinato,  profilo  di  incostituzionalita'
dedotto  attiene  alla   violazione   di   ogni   regola   di   leale
collaborazione. 
    La norma di cui  all'art.  16,  comma  6,  del  decreto-legge  n.
95/2012, nel testo novellato, violerebbe tale principio, nella  parte
in cui dispone che «le riduzioni da  applicare  a  ciascun  comune  a
decorrere dall'anno 2013 sono determinate, con decreto di natura  non
regolamentare del ministro dell'interno...», in tal modo abolendo per
l'anno 2013 sia la previsione per cui  le  riduzioni  da  imputare  a
ciascun  Comune  avrebbero  dovuto  essere  determinate  in  sede  di
conferenza  Stato-Citta'  ed  Autonomie  locali   sia   altresi'   la
previsione di un termine entro il  quale  il  Ministero  dell'interno
avrebbe dovuto emanare il decreto. 
    Al contrario, con riguardo alle Province, il successivo  comma  7
dello stesso art. 16 ha mantenuto la determinazione del riparto sulla
base  delle  indicazioni  della  Conferenza  Stato  -  Enti   locali,
prevedendo la sua unilaterale determinazione,  sulla  base  dei  dati
SIOPE, solo in caso di inerzia di tale organo. 
    Quanto alla tempistica per l'adozione del  decreto  ministeriale,
mentre la norma originaria stabiliva che  il  taglio  dovesse  essere
determinato non piu' tardi del 31 dicembre dell'anno precedente,  con
la novella del 2013 tale previsione e' stata elisa. 
    L'illegittimita' andrebbe a colpire in  via  diretta  il  decreto
impugnato, in quanto pacificamente adottato  oltre  ogni  tollerabile
termine, mentre, ove si ritenesse che  cio'  fosse  stato  consentito
dalla  norma  in  parola,  si   indirizzerebbe   nei   confronti   di
quest'ultima, la quale sarebbe inficiata da incostituzionalita'. 
    Nella specie il decreto gravato e' stato pubblicato  solo  il  15
novembre 2013, percio' ad esercizio pressoche' ultimato. 
II)  Illegittimita'  propria  del  D.M.  impugnato.   In   subordine,
illegittimita' derivante da ulteriore profilo di  incostituzionalita'
dell'art. 16 del decreto-legge n. 95/2012. 
    Il taglio sarebbe affetto anche  da  profili  di  irrazionalita',
laddove viene commisurato  «alla  media  delle  spese  sostenute  per
consumi intermedi nel  triennio  2010  -  2012  desunte  dal  sistema
informativo sulle operazioni degli enti pubblici (SIOPE)».  Le  spese
per consumi intermedi  sarebbero,  a  loro  volta,  rappresentate  da
quelle per: a) acquisto di beni di  consumo  e/o  materie  prime;  b)
acquisto di prestazioni di servizi; c) spese per utilizzo di beni  di
terzi. 
    Sarebbe del tutto illogico considerare tali spese, a  prescindere
dalla quantita' e qualita' dei servizi erogati o dei beni  acquistati
o infine dei beni di terzi affittati. 
    Ove poi si ritenesse che la norma fosse vincolante in tal  senso,
se ne  deduce  anche  sotto  il  profilo  in  esame  l'illegittimita'
costituzionale, per violazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 97
Cost. 
    Si evidenzia che il servizio di raccolta. e  smaltimento  rifiuti
puo' essere gestito in due modi differenti: 1) riscuotendo  la  tassa
specifica da parte dei cittadini e poi corrispondendo l'onorario alla
ditta che lo effettua;  2)  provvedendo,  i  cittadini  medesimi,  al
pagamento diretto dell'onorario alla ditta che  esegue  il  servizio,
attraverso la tariffa. 
    Solo nel primo dei due casi si registra una spesa  sostenuta  dal
Comune nel sistema SIOPE. 
    Ne consegue che, pur  dinanzi  ad  una  situazione  identica  sul
versante  della  gestione  entrate/spese,   sarebbe   penalizzato   a
dismisura un Comune, come quello di Lecce, che ha optato per la prima
ipotesi. 
    Al riguardo il Ministero in fase attuativa avrebbe dovuto seguire
un'applicazione  razionale  della  norma,  tenendo  conto   di   tali
elementi; ove invece si ritenesse che tale scelta fosse  inibita  dal
testo della norma stessa, essa  risulterebbe  incostituzionale  anche
per violazione dei richiamati parametri di razionalita'. 
    A cio' deve aggiungersi che il parametro dei pagamenti SIOPE, con
riferimento  al  triennio  2010-2012,  non  costituirebbe  un  valido
strumento per verificare i servizi effettivamente offerti dai  Comuni
in quegli anni, in quanto detti pagamenti sono rilevati per cassa  in
un determinato  periodo  dell'anno  ed  inoltre  il  costo  sostenuto
materialmente dall'Ente ben potrebbe riferirsi ad acquisti relativi a
piu'  anni.  Integrerebbe  un  ulteriore  profilo  di  irrazionalita'
l'incidenza maggiore sui Comuni che hanno in essere un  contratto  di
fornitura con pagamento biennale, nel caso in cui  il  pagamento  sia
stato  effettuato  nell'anno  preso  a   riferimento,   tali   Comuni
apparirebbero ingiustamente  «spreconi»  rispetto  a  quelli  il  cui
pagamento avviene anno per anno. Da tale  profilo  di  irrazionalita'
sarebbe inficiato in via diretta, il D.M. ovvero, in subordine, quale
illegittimita'  derivata  dall'illegittimita'  costituzionale   della
norma di cui costituisce attuazione, per violazione dell'art. 3 Cost. 
    Si sono costituiti in giudizio il Ministero  dell'interno  ed  il
Ministero dell'economia e delle finanze,  producendo  successivamente
un'articolata memoria defensionale. 
    Essi  hanno  dapprima  eseguito  una  ricostruzione  del   quadro
normativo e fattuale nel quale si inserisce il decreto gravato, hanno
inoltre rilevato la  necessita'  di  procedere  all'integrazione  del
contraddittorio  nei  confronti  di  tutti  i  Comuni,  avendo  detto
provvedimento portata generale e determinando, percio', un  eventuale
accoglimento del ricorso effetti nei confronti di tutti, ed  eccepito
la sua  inammissibilita',  per  mancata  impugnativa  del  successivo
D.P.C.M. del 13 novembre 2013. 
    Nel merito hanno sostenuto l'infondatezza del gravame. 
    In particolare, hanno affermato che «se e' esatto ritenere che la
capacita'  fiscale  degli  abitanti  sia   il   criterio   che   deve
soprassedere alla determinazione dei trasferimenti statali in  favore
dell'ente locale,...nel caso di specie ci si trova di fronte  ad  una
riduzione»; il criterio impiegato nella distribuzione  delle  risorse
non sarebbe e non  dovrebbe  essere  il  medesimo  per  operarne  una
riduzione, essendo diverse le  finalita'  perseguite,  in  quanto  la
riduzione  delle  risorse  discende   dalla   minore   disponibilita'
dell'Erario e per questo sarebbe parametrata ad  un  criterio  uguale
per tutti. 
    Non  sussisterebbe  alcuna  limitazione  rispetto  a  determinate
spese, in quanto sarebbe rimessa all'autonomia dei  singoli  Enti  la
scelta in ordine alle spese da ridurre, per effetto del taglio. 
    Trattandosi di  un  criterio  matematico  (spese  per  i  consumi
intermedi sostenute nel triennio 2010-2012 e  riportate  nel  sistema
SIOPE), tutti i Comuni sarebbero stati trattati allo stesso modo.  La
norma di cui all'art. 16, comma 6, del decreto-legge n.  95/2012  non
avrebbe lasciato alcuno spazio all'Amministrazione. 
    Si e' costituito in giudizio anche il Comune di  Andria,  che  ha
assunto in questa sede la qualifica  di  soggetto  cointeressato,  in
quanto anch'esso leso dal D.M. gravato, ed ha, percio', condiviso  le
doglianze di parte ricorrente. 
    Con ordinanza  collegiale  19  febbraio  2014,  n.  2014,  questo
Tribunale  ha  ordinato  l'integrazione   del   contraddittorio   nei
confronti  di  tutti  i  Comuni  italiani,  cosi'  come   individuati
nell'allegato A)  al  D.M.  impugnato,  autorizzando  il  ricorso  ai
pubblici proclami. 
    Successivamente il Comune ricorrente ha tempestivamente impugnato
il citato D.P.C.M. del 13 novembre 2013, pubblicato in G.U. n. 16 del
21 gennaio 2014, indicato  dalla  difesa  erariale  (si  ricorda  che
quest'ultima   aveva   eccepito   l'inammissibilita'   del    ricorso
introduttivo proprio per mancata impugnazione di detto decreto). 
    Tale provvedimento, recante «Fondo di  solidarieta'  comunale  in
attuazione dell'art. 1, comma 380, della legge 24 dicembre  2012,  n.
228», prevedeva l'ammontare delle risorse  di  tale  fondo,  il  loro
riparto e le modalita' di erogazione. La determinazione  dei  criteri
di formazione e di riparto era legata ad una serie di  elementi,  ivi
individuati in premessa (conformemente all'art. 1, comma  381,  della
citata legge n. 228/2012), tra  cui  le  riduzioni  ai  trasferimenti
erariali apportate ai sensi dell'art. 16, comma 6, del  decreto-legge
n. 95/2012. L'Ente civico ricorrente ne ha  dedotto  l'illegittimita'
derivata. 
    Con ulteriore ordinanza  collegiale  10  aprile  2014,  n.  3951,
l'ordine di integrazione  del  contraddittorio,  anche  a  mezzo  dei
pubblici proclami, e' stato esteso ai motivi aggiunti. 
    Il Comune di Lecce ha depositato  poi  documentazione  attestante
l'avvenuto    tempestivo    adempimento     dell'integrazione     del
contraddittorio  attraverso   i   pubblici   proclami,   secondo   le
prescrizioni dettate dalla Sezione, in riferimento tanto  al  ricorso
introduttivo quanto ai motivi aggiunti. 
    Nella pubblica udienza del 10 luglio 2014  il  ricorso  e'  stato
introitato per la decisione. 
 
                               Diritto 
 
    1 - Viene all'esame  del  Collegio  il  ricorso,  comprensivo  di
gravame introduttivo e di motivi aggiunti,  proposto  dal  Comune  di
Lecce avverso il  D.M.  del  24  settembre  2013,  con  il  quale  il
Ministero dell'interno ha effettuato la ripartizione  tra  i  diversi
Comuni italiani delle riduzioni dei trasferimenti statali per  l'anno
2013, ed il D.P.C.M., recante  «fondo  di  solidarieta'  comunale  in
attuazione dell'articolo 1, comma 380, della legge 24  dicembre  2012
n. 228». 
    2 - In primo luogo  occorre  rilevare  che  il  D.M.  citato  qui
censurato rappresenta una pedissequa applicazione della norma di  cui
all'art. 16, comma 6, del decreto-legge  n.  95/2012,  convertito  in
legge n. 135/2012. 
    Recita l'art. 16, comma 6, in esame: «Il  fondo  sperimentale  di
riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2  del  decreto
legislativo  14  marzo  2011,  n.  23,  il  fondo  perequativo,  come
determinato  ai  sensi  dell'articolo   13   del   medesimo   decreto
legislativo n. 23 del 2011 ...sono ridotti di 2.250 milioni  di  euro
per l'anno 2013.... 
    ....Le riduzioni  da  applicare  a  ciascun  comune  a  decorrere
dall'anno  2013  sono  determinate,  con  decreto   di   natura   non
regolamentare del Ministro dell'interno, in  proporzione  alla  media
delle spese sostenute per consumi intermedi  nel  biennio  2010-2012,
desunte dal SIOPE...». 
    Come puo' rilevarsi, con specifico riguardo  all'anno  2013,  che
qui interessa,  la  predetta  norma  prevede  una  riduzione  pari  a
complessivi 2.250 milioni di euro e stabilisce,  quale  parametro  al
quale riferirsi per attuare in concreto tale  riduzione  rispetto  a.
ciascun Comune, la media delle spese sostenute per consumi  intermedi
nel triennio 2010-2012. Ne deriva che, come si desume  dalla  lettera
della  norma  richiamata,  nessuna  discrezionalita'  era  attribuita
all'Amministrazione in ordine al quantum complessivo della  riduzione
ai trasferimenti erariali da operare ed  al  modus  procedendi  nella
ripartizione di detto taglio tra i Comuni. 
    In proposito il Consiglio di Stato, con sentenza 3 febbraio 2014,
n. 475, nel riformare una sentenza  di  accoglimento  di  un  ricorso
proposto da una Provincia avverso i tagli ai  trasferimenti  erariali
operati ai sensi dell'art. 16, comma 7, del medesimo decreto-legge n.
95/2012, emessa da questa Sezione, ha  evidenziato  proprio  che  «Il
criterio di ripartizione delle riduzioni dei  finanziamenti  statali,
nella  volonta'  legislativa,  appare  un  dato   vincolato;   nessun
intervento discrezionale e'  consentito  al  Ministero,  com'e'  reso
palese dalla terminologia usata nel testo normativo a  proposito  del
decreto che il Ministero e' tenuto ad assumere». 
    3  -  Resta  ora  da  scrutinare  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  della  norma  di  cui  all'art.  16,  comma  6,   del
decreto-legge n. 95/2012, convertito dalla  legge  n.  135/2012,  per
violazione degli artt.  119,  3  e  97  Cost.,  proposta  dal  Comune
ricorrente. 
    3.1 - Naturalmente  deve  essere  verificata  la  sussistenza  in
concreto dei due necessari requisiti: la rilevanza e la non manifesta
in fondatezza. 
    In ordine alla rilevanza, essa si palesa come evidente. 
    E' chiaro, infatti, che la lesione determinata in capo al  Comune
di Lecce dal criterio di riparto tra  i  Comuni  delle  riduzioni  di
trasferimenti erariali e dalla tempistica con cui si sono individuati
il criterio stesso ed il conseguente  ammontare  preciso  del  taglio
rispetto a ciascun Comune e' riferibile unicamente alla  disposizione
menzionata,  di  cui   il   D.M.   gravato   costituisce   automatica
applicazione; cio' posto, in  caso  di  sua  ritenuta  illegittimita'
costituzionale, tale decreto ne sarebbe travolto e verrebbe  meno  la
lesione stessa. 
    3.3 -  Il  Collegio  ravvisa  altresi',  sotto  diversi  profili,
l'ulteriore elemento della non manifesta infondatezza, per le ragioni
illustrate di seguito nella presente disamina. 
    4 - Innanzi tutto (Decorre richiamare l'art. 119 Cost., il  quale
testualmente recita: 
        «I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le  Regioni
hanno autonomia finanziaria di  entrata  e  di  spesa,  nel  rispetto
dell'equilibrio dei relativi  bilanci,  e  concorrono  ad  assicurare
l'osservanza   dei   vincoli   economici   e   finanziari   derivanti
dall'ordinamento dell'Unione europea. 
    I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni hanno
risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri,
in armonia con la Costituzione e secondo i principi di  coordinamento
della finanza  pubblica  e  del  sistema  tributario.  Dispongono  di
compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili  al  loro
territorio. 
    La legge dello  Stato  istituisce  un  fondo  perequativo,  senza
vincoli di destinazione, per i territori con minore capacita' fiscale
per abitante. 
    Le risorse derivanti dalle  fonti  di  cui  ai  commi  precedenti
consentono ai Comuni, alle Province, alle Citta' metropolitane e alle
Regioni  di  finanziare  integralmente  le  funzioni  pubbliche  loro
attribuite. 
    Per  promuovere  lo  sviluppo  economico,  la   coesione   e   la
solidarieta'  sociale,  per  rimuovere  gli  squilibri  economici   e
sociali,  per  favorire  l'effettivo  esercizio  dei  diritti   della
persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle
loro funzioni,  lo  Stato  destina  risorse  aggiuntive  ed  effettua
interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Citta'
Metropolitane e Regioni. 
    I Comuni, le Province, le Citta' metropolitane e le Regioni hanno
un  proprio  patrimonio,  attribuito  secondo  i  principi   generali
determinati   dalla   legge   dello    Stato.    Possono    ricorrere
all'indebitamento solo per finanziare spese di investimento,  con  la
contestuale definizione di piani di ammortamento e a  condizione  che
per il complesso  degli  enti  di  ciascuna  Regione  sia  rispettato
l'equilibrio di bilancio. E' esclusa ogni garanzia  dello  Stato  sui
prestiti dagli stessi contratti». 
    4.1 -  In  questa  sede  occorre  rimarcare  alcuni  punti  fermi
desumibili dalla citata norma costituzionale. 
    4.2 - In primo luogo si riconosce, in capo ai  Comuni,  autonomia
finanziaria di entrata e di spesa. 
    Deve dirsi al  riguardo  che  essa  viene  esercitata  in  primis
attraverso la redazione del bilancio finanziario di previsione,  che,
ai sensi dell'art.  162  del  T.U.  degli  Enti  locali,  cosi'  come
modificato dall'art. 74 del d.lgs. 23 giugno 2011,  n.  118  (decreto
delegato dalla legge sul Federalismo fiscale 5 maggio  2009,  n.  42,
contenente le disposizioni in materia di armonizzazione  dei  sistemi
contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali
e  dei  loro  organismi),  deve  riferirsi  ad  almeno  un  triennio,
comprendente le  previsioni  di  competenza  e  di  cassa  del  primo
esercizio del periodo considerato e le previsioni di competenza degli
esercizi  successivi.  L'anno  finanziario,  il   quale   rappresenta
l'unita' temporale, ha inizio il 1° gennaio di ciascun anno e termina
il 31 dicembre, con la conseguenza che il bilancio di previsione deve
essere approvato entro il 31 dicembre dell'anno precedente quello  di
riferimento. 
    I  principi  appena  enunciati,  in  materia  di  redazione   del
bilancio,  sono  statuiti  espressamente  anche  dall'art.   10   del
menzionato d.lgs. n. 118/2011. 
    E' ovvio che, per  poter  elaborare  ed  approvare  il  bando  di
previsione, gli Enti  locali  devono  conoscere  le  entrate  su  cui
possono contare per poter poi  esercitare  la  propria  autonomia  in
materia di spesa. 
    4.3 - E', percio', evidente che un  intervento  di  riduzione  di
trasferimenti che avvenga ad esercizio finanziario quasi concluso  va
ad incidere pesantemente sull'autonomia finanziaria degli Enti locali
che ne sono colpiti. Essi, infatti, in tale momento hanno gia'  quasi
del tutto sostenuto le spese, in precedenza indicate nel bilancio  di
previsione sotto entrambi gli aspetti qualitativo e quantitativo. 
    Cio' e' senz'altro consentito dalla norma primaria in esame, che,
differentemente da quanto stabiliva per l'anno 2012, non  ha  fissato
alcun limite temporale per l'adozione del  decreto  ministeriale  non
regolamentare di che trattasi. 
    5 - Pertanto appare non manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale della norma in parola, nella parte in cui
non fissa. un termine entro il  quale  deve  essere  emanato  il  suo
decreto attuativo. 
    6 - Un'incisione sull'autonomia di spesa si rinviene anche  nella
scelta, operata dalla stessa norma in esame, di prendere a  parametro
per la riduzione dei trasferimenti statali una specifica categoria di
spese, vale a  dire  quelle  per  consumi  intermedi  registrate  dal
sistema  SIOPE,  atteso  che  sono  ivi  ricomprese  non  solo  spese
nell'interesse di ogni singola Amministrazione, ma altresi' spese per
assicurare servizi ai cittadini,  come  si  registra  per  il  Comune
ricorrente. 
    Si fa riferimento, in  particolare,  ai  costi  del  servizio  di
raccolta  dei  rifiuti,  rientranti  nella  categoria   dei   consumi
intermedi risultanti nel  sistema  SIOPE.  Il  Comune  di  Lecce  ha,
infatti, scelto  di  riscuotere  la  tassa  specifica  da  parte  dei
cittadini e poi corrispondere  l'onorario  alla  ditta  che  effettua
detto servizio, anziche' far  provvedere  i  cittadini  al  pagamento
diretto  della  tariffa  in  favore  della  ditta   che   esegue   lo
smaltimento. 
    In questo modo la scelta a monte, da parte di alcuni Enti locali,
come il Comune di Lecce, di sostenere spese per determinati  impieghi
rientranti  nell'accezione  di  consumi  intermedi  per  il  triennio
2010-2012 li ha  penalizzati,  in  violazione  dell'art.  119,  primo
comma, Cost. 
    6.1 - Va rilevato in proposito  che,  differentemente  da  quanto
stabilito per i Comuni, con riguardo alle Province, l'art. 10,  comma
1, del d.l. 8 aprile 2013,  n.  35,  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, incidendo sull'art.  16,  comma  7,
del d.l. n. 95/2012 qui in esame, ha previsto l'espunzione dalle voci
afferenti  ai   «consumi   intermedi»   rilevanti   ai   fini   della
determinazione dei tagli per gli  anni  2013  e  2014  le  spese  per
formazione professionale,  per  trasporto  pubblico  locale,  per  la
raccolta di rifiuti solidi urbani e  per  servizi  socialmente  utili
finanziati dallo Stato, in tal modo optando per  una  soluzione  piu'
equa e conforme al dettato costituzionale. 
    7 - Deve precisarsi che l'autonomia finanziaria  di  entrata  non
risulta invero del tutto attuata, atteso  che  gli  Enti  locali  non
possono fondarsi unicamente su  entrate  proprie  per  effettuare  le
spese di loro competenza. 
    Proprio per tale  ragione  sono  previste  risorse  ulteriori  di
provenienza statale. 
    Segnatamente, accanto a tributi ed entrate propri, sono  previsti
la compartecipazione al gettito di  tributi  erariali  riferibili  al
territorio dell'ente ed il fondo perequativo. 
    7.1 - Particolare attenzione merita quest'ultimo  nella  presente
disamina. 
    Esso non deve avere vincoli di destinazione, il che significa che
gli Enti destinatari delle sue  risorse  hanno  autonomia  di  spesa,
sulla quale lo Stato non puo' incidere minimamente, e deve concernere
i   territori   con   minore   capacita'   fiscale   per    abitante.
Conseguentemente l'entita'  dei  trasferimenti  provenienti  da  tale
fondo a ciascun Ente locale e'  commisurata  in  senso  inverso  alla
capacita' contributiva dei suoi abitanti; in altre parole, essa sara'
tanto  maggiore  quanto  minore  sara'  la   capacita'   contributiva
accertata. 
    Cio' e' spiegabile in ragione proprio della  ratio  ivi  sottesa,
che e' quella di realizzare, a fini  perequativi,  una  compensazione
delle risorse tra territori  piu'  ricchi  e  territori  maggiormente
bisognosi. 
    In tal modo si garantisce il finanziamento  delle  spese  per  le
funzioni fondamentali dei Comuni (e delle Province),  determinanti  i
loro fabbisogni standard (individuati ai sensi dell'art. 1 del d.lgs.
26 novembre 2010, n. 216), cosi' come stabilito  anche  dall'art.  13
del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23. 
    7.2  -  E'  evidente,  pertanto,  che  eventuali  riduzioni   dei
trasferimenti provenienti da tale fondo,  dettati  da  necessita'  di
spending review, devono obbedire alla  stessa  logica,  vale  a  dire
devono  garantire  tale  compensazione  e   correlata   perequazione,
possibile solo se il  parametro  rimane  identico,  se  cioe'  si  ha
riguardo alla capacita' contributiva degli abitanti degli Enti locali
nei modi sopra illustrati. 
    Diversamente, l'art. 16, comma 6, in esame, prevede che «Il fondo
sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo
2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il fondo perequativo,
come determinato ai  sensi  dell'articolo  13  del  medesimo  decreto
legislativo n. 23 del 2011, ...sono ridotti» e che «le  riduzioni  da
applicare  a  ciascun  comune  a  decorrere   dall'anno   2013   sono
determinate, con decreto di natura  non  regolamentare  del  Ministro
dell'interno, in proporzione alla media  delle  spese  sostenute  per
consumi intermedi nel biennio 2010-2012, desunte dal SIOPE». 
    8  -  Non  essendo  rispettato  il  suindicato  parametro   della
capacita' contributiva, riferito al fondo  perequativo,  il  Collegio
ritiene  che  non  sia  manifestamente  infondata  la  questione   di
legittimita' costituzionale della  norma  in  esame,  per  violazione
dell'art. 119, comma 3, Cost. 
    8.1  -  Neppure  vale  in  contrario,  come  sostiene  la  difesa
erariale, rimarcare che la riduzione e' dettata dalla  necessita'  di
attuare risparmi di spesa, atteso che  tali  risparmi  devono  essere
attuati pur sempre in un modo conforme a Costituzione. 
    9 -  La  questione  di  legittimita'  costituzionale  appare  non
manifestamente  infondata  anche  in  relazione  ad  altri  parametri
costituzionali. 
    9.1 - In particolare, la mancata fissazione  di  un  termine  per
l'adozione del decreto ministeriale attuativo di  detta  disposizione
normativa appare in contrasto non solo con l'art. 119 Cost.,  per  le
ragioni in precedenza esposte, ma altresi' per  violazione  dell'art.
97   Cost.,   atteso   che   l'ampia   discrezionalita'    attribuita
all'Amministrazione  statale  non  consente  agli  Enti   locali   di
garantire il loro buon andamento. 
    10 - Questa Sezione ritiene  che  la  questione  di  legittimita'
costituzionale di detta norma sia non manifestamente infondata  anche
sotto   l'aspetto   della   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione, che pur sempre inerisce a  quello  piu'  generale  di
buon andamento di cui al menzionato art. 97 Cost. 
    10.1 - In proposito si evidenzia che  la  disposizione  normativa
primaria in esame ha  stabilito  in  modo  incontrovertibile  che  la
ripartizione  delle  riduzioni  dei  trasferimenti  erariali  avrebbe
dovuto essere determinata unilateralmente con  decreto  ministeriale,
senza alcuna possibilita' per la Conferenza Stato-citta' ed autonomie
locali di dettare criteri al riguardo. 
    Diversamente, per l'anno 2012 tanto per i Comuni  quanto  per  le
Province  era  prevista  l'adozione  del  decreto  de  quo,  con   la
fissazione del parametro cui ancorare i tagli  individuato  ex  lege,
solo in caso di inerzia da parte  della  Conferenza  Stato-citta'  ed
autonomie locali; di fatto per tale anno,  in  relazione  ai  Comuni,
detta Conferenza ha indicato criteri differenti cui ancorare i tagli. 
    Deve aggiungersi che per le Province, ma non per i Comuni,  anche
per  l'anno  2013  e'  stata  mantenuta  al  riguardo  la  previsione
dell'intervento ministeriale solo in via subordinata e sostitutiva. 
    10.2 - La mancata previsione per  i  Comuni,  per  Panno  qui  in
riferimento,  di  un   necessario   passaggio   per   la   Conferenza
Stato-citta' ed autonomie locali  e  di  un  intervento  ministeriale
unilaterale solo in caso di inerzia di tale organo appare  essere  in
conflitto con il principio di buon andamento di cui all'art. 97 Cost. 
    11  -  In  conclusione  questo  Tribunale  sospende  il  presente
giudizio  e  solleva  la  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 16, comma 6,  del  decreto-legge  6  luglio  2012,  n.  95,
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, per
violazione degli artt. 119 e 97 Cost.